Parola dell’anno

Il termine “rispetto” è stato individuato come parola dell’anno 2024. Sul concetto di rispetto, spesso utilizzato in accezione stretta o larga, a seconda dell’utilità del discorso (a volte sincero, altre capzioso), sarebbe possibile aprire un ampio dibattito. Una parola di siffatta portata spesso viene posta all’occorrenza senza alcuna valutazione sostanziale del rispetto in quanto tale, ossia come dovuta attenzione nei confronti della Persona (deriva dal latino “respicere”: avere riguardo, considerare), prima ancora che delle istituzioni. Ciò, in quanto sovente chi governa dimentica di suffragare il concetto con i dovuti e relativi principi del giusnaturalismo.
La parola “rispetto” assume spesso le connotazioni di “responsabilità”, laddove chi governa non sa neppure cosa significhi legiferare con giudizio, ossia con seria valutazione del rispetto dell’essere in quanto tale. Ecco perché il verbo rispettare assume una valenza enigmatica allorché chi intende applicarlo con la dovuta cognizione di causa confligge con interessi particolari contrastanti l’essenza del reale significato del termine. Avere rispetto di qualcuno o di qualcosa significa innanzitutto averne cura, considerandolo oggetto di attenzione in quanto ente, ergo espressione dell’essere.
Che il termine rispetto possa diventare non solo parola dell’anno, ma soprattutto principio incondizionato sul quale porre l’ancora del valore dell’Essere. Se si resta lontani da questo presupposto, il rispetto si svuoterà di senso, adducendo cause di volta in volta effimere tanto quanto tutte quelle parole drasticamente abusate per significare valori relativi, anziché espressione di Logos.

Autrice dell’articolo
Raffaella Scorrano legge molto, ha la casa colma di libri e adora scrivere, perché è catartico e terapeutico, perché le permette di esercitare l’arte della maieutica, consentendole di vivere in costante equilibrio con le sue tesi, i suoi principi e i suoi valori.